I colori delle immagini sono volutamente sbiaditi ma le emozioni nella sala Galileo di Giffoni hanno tinte forti e accese. Il merito è del cortometraggio Unica, firmato dalla regia di Alessandro Marzullo e dallo stesso scritto insieme a Camilla Crisciotti, che con un taglio distopico si lancia nelle pieghe della contemporaneità – social e sociale – per tirarne fuori la ferocia dei condizionamenti estetici. L’opera, che parla di ragazzi e si rivolge ai ragazzi, è stata presentata con successo ai Giffoner della sezione +18.

La storia è ambientata in una dimensione urbana ed esistenziale governata dalla dittatura di una bellezza considerata tale sulla base di un sistema di valutazione oggettiva che prende il nome di trattato di Fibonacci. Ai ‘non belli’ viene lasciato quasi nulla, a parte la possibilità di sognare con gli occhi degli ‘altri’ e così la protagonista, di nome Lili e di origini orientali, una documentarista colpita da angioma facciale, decide di combattere contro tutto e tutti per restare aggrappata alla vita.
“Viviamo in un mondo dominato dell’estetica che impone standard e mette pressione in particolare alle giovani generazioni. Con questo cortometraggio – ha spiegato Marzullo- non vogliamo dare lezioni né risposte. Il nostro obiettivo è riflettere insieme a coloro I quali avranno il piacere di guardarlo. Una riflessione che scavi in profondità, senza fare sconti alla realtà che ci circonda e naturalmente a noi stessi”.





Polaroids dal Giffoni Film Festival – Unica Premiere: Nicholas Fiorentino, Alessandro Marzullo, Camilla Crisciotti, Giuseppe Cristiano.
Unica è un grande viaggio interiore che attraversa le prigioni dell’esistenza e le gabbie della tecnologia per andare certamente oltre. Ma anche per guardare in faccia quei modelli estetici che comprimono l’aria nei polmoni della libertà dell’essere. In prima fila alla presentazione del cortometraggio alla 52esima edizione del Festival di Giffoni, oltre a Marzullo e Crisciotti, l’attore Giuseppe Cristiano e l’autore delle musiche Riccardo Amorese.
“Con questo lavoro – ha sottolineato Marzullo – ho voluto raccontare una storia che nelle sue evidenti forzature narrative ed esagerazioni distopiche appartiene alla quotidianità di tutti noi. Per comprendere il mondo in cui viviamo è necessario guardarlo negli occhi con grande sincerità e intensità di campo. Senza filtri interiori”.
Insomma, campo stretto e riflessione larga: “Nel girare il cortometraggio -ha concluso il regista- ho evitato le riprese panoramiche proprio perché alla spettacolarità delle ambientazioni ho preferito la realtà ‘schiacciante’ dei personaggi”.




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